Anthony McCall, Breath [the vertical works] – Hangar Bicocca, Milano
Scritto da Alessandro Trabucco   

Anthony McCallLa luce, come mezzo espressivo nella sua pura essenza di onda elettromagnetica, ha trovato diverse e riuscite applicazioni nell’arte contemporanea, a cominciare dalle intuizioni dei futuristi i quali glorificarono la luce elettrica, nei loro Manifesti, quale principio di una nuova era scientifica, sociale e creativa.

I progressi tecnologici degli ultimi cento anni hanno permesso le sperimentazioni più ardite sino al raggiungimento dell’utopia più affascinante, la completa immaterialità.

 

A cominciare dalle prime realizzazioni di James Turrell negli anni Sessanta (anche nell’ambito del troppo trascurato gruppo californiano Light & Space) l’utilizzo di fasci luminosi proiettati come vere e proprie opere d’arte ha inaugurato una serie di suggestivi lavori nei quali è possibile riscontrare una tendenza alla completa smaterializzazione dell’oggetto artistico sino ad una identificazione con la materia stessa di cui e’ composto: la luce diviene pura e “concreta” astrazione (mi si permetta l’ossimoro...), si presenta allo stesso tempo quale medium e contenuto, unione perfetta tra presentazione e rappresentazione di sé.

progetto dell'installazione Breath III

Presso l’Hangar Bicocca di Milano l’artista inglese Antony McCall (1946) espone Breath [the vertical works] una serie di Solid Light Films (film di luce solida) proiezioni luminose che creano volumi architettonici “abitabili”.

Lo spettatore e’ invitato ad inoltrarsi in questi spazi effimeri, ambienti tridimensionali di luce che ci avvolgono e che si modificano in modo impercettibile. Ad intensificare la fisicità delle strutture luminose l’artista inglese diffonde nello spazio del fumo artificiale, in modo che le “pareti” assumano un’accentuata tattilità visiva, tanto da creare delle vibranti membrane quali “barriere” da oltrepassare o da aggirare per entrarvi all’interno.

vista generale di due installazioni

McCall ha inaugurato questa particolare ricerca all’inizio degli anni ’70 con l’opera Line Describing a Cone (1973). Il principio fondamentale su cui si basano queste sculture di luce deriva dall’attenta osservazione del fascio luminoso del proiettore cinematografico, come tutti noi abbiamo avuto modo di notare almeno una volta nella vita. L’immagine proiettata “viaggia” nello spazio con un fascio a tre dimensioni prima di perderne una nella parete bidimensionale di visione del film.

progetto dell'installazione

L’artista, anziché immagini in movimento, proietta figure geometriche minimali e lineari, cerchi, ellissi, spirali, onde, che si espandono e si contraggono, formando imponenti strutture che, nella loro pura immaterialità, infondono forti sensazioni di sospensione temporale e, personalmente, di serenità interiore.

Queste nuove opere sono realizzate non più mediante proiezioni di pellicole filmiche ma tramite file digitali videoproiettati.

still video

Hangar Bicocca

via Chiese - Milano

dal 19 marzo al 19 giugno 2009

+39 02853531764 , +39 0285354364 (fax), +39 3357978214

Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo   - www.hangarbicocca.it