Il progettista della luce è stato progettato. Cosa è successo il 5 marzo?
Scritto da Romano Baratta   
   

Il 5 marzo 2012 si è svolta a Milano la prima convention italiana della filiera della luce dal titolo “Progettare il progettista” in cui si sono confrontati diversi professionisti della luce (link).

Nel corso della giornata sono emerse diverse problematiche inerenti la professione del lighting designer:

-          il riconoscimento professionale

-          l’importanza del progetto e la sua valorizzazione (anche in termini economici)

-          la necessità di una formazione continua

-          la diffusione della cultura della luce, anche attraverso internet

-          la necessità di fare “massa critica” superando le divisioni e sigle professionali

-          la necessità di svincolare il professionista dai produttori

 

    

L’incontro è stato fondamentale per ribadire, per l’ennesima volta, le necessità dei progettisti della luce oltre che per cercare un punto di incontro per risolverle. Sono state affrontate quasi tutte le problematiche ad oggi esistenti. Molti interventi sono stati diretti e chiari mentre altri relatori hanno spostato il discorso su altri argomenti.

 

E’ stato costruttivo l’intervento del consigliere di Assoluce, Alessandro Sarfatti, che ha rimarcato l’importanza di far presente a tutte le aziende associate la necessità di rispettare la figura del progettista della luce, l’importanza di non scavalcare questo professionista fornendo in sua assenza ai clienti solo una consulenza tecnica. Sarfatti si è e reso disponibile in prima persona a comunicare e diffondere ai suoi collaboratori in Luceplan l’importanza di non fornire nessun progetto ma solo consulenze tecniche sui prodotti.

 

Meno diretti sono stati il rappresentante Assil, Riccardo Gargioni, e il presidente AIDI, Gianni Drisaldi, che hanno incentrato il loro intervento su questioni non del tutto inerenti al tema del convegno. Personalmente mi sarei aspettato da queste figure maggiore senso di apertura e meno istituzionalismo.

E’evidente che il segnale migliore è arrivato dal presidente CELMA, Alvaro Andorlini, che ha evidenziato la necessità di fare gruppo e quindi di essere uniti per proporre in sede Europea le problematiche dei progettisti della luce. Un intervento chiaro e costruttivo.

 

Nel complesso ero certo di trovare in questo incontro molta più discussione e meno “presentazioni”. Mi aspettavo di più dall’intervento di ADL, di PLDA, di LIGHT-IS. Non comprendo come il PLDA, che a livello Europeo è ben organizzato e porta avanti un bel discorso, non cerchi altrettanto in Italia di prendere in mano con forza la questione e farla digerire nel migliore dei modi a tutte le nostre associazioni. Comprendo la difficoltà di interlocuire con i nostri politicanti della luce… ma se non lo si fa ora che il presidente PLDA è italiano e conosce bene la nostra realtà non lo si farà più.

 

Il problema centrale è la mancanza di un gioco di squadra da parte delle varie associazioni. Noto continuamente, e lo evidenzio sempre, che ogni associazione è arroccata nella propria fortezza. Ogni associazione continua a coltivare il proprio orticello non ponendo interesse per quello altrui. Trovo che in questi incontri vi sia solo la finzione di voler collaborare rispetto alla reale volontà dei partecipanti (questo convegno non è il primo del genere). I fatti, nella realtà, mostrano altre azioni rispetto alle parole che vengono ogni volta spese. Le varie associazioni, sia all’interno dei testi ufficiali che nei convegni, parlano di collaborazione, di aiuti reciproci e cooperazioni, pongono una possibile risoluzione del problema della figura del progettista della luce, ma nei fatti, invece, non interessa a nessuno realizzare questi propositi. Nei discorsi a porte chiuse si continua a parlare di nemici, di rivali, di concorrenti.

 

A mio parere l’unica strada da percorrere per risolvere la nostra situazione, la soluzione che ritengo maggiormente idonea è quella di una vera collaborazione di tutte queste associazioni, una cooperazione organizzata in una federazione di tutte le associazioni esistenti. Fino ad oggi questo proposito, da me più volte avanzato in questi incontri, e da molti condiviso, non ha mai visto un solo passo verso la realizzazione o il semplice sviluppo.

 

La mia speranza ovviamente è che la nostra professione possa avere un vero e sentito miglioramento, ad oggi tuttavia pongo grossi dubbi in merito all’aiuto proveniente dalle associazioni.

L’unica speranza arriva dall’Europa non di sicuro dall’Italia.

ROMANO BARATTA

   

link intervento del 5 marzo di Romano Baratta

 

 

Di seguito vengono proposti brevi commenti di alcuni partecipanti seguiti dal documento completo del loro intervento:

Giacomo Rossi – luxemozione.com

Dunque, sono passate un paio di settimane dalla chiusura dei lavori, un po’ di attesa per far decantare le idee e raccogliere un po’ di pareri sul dopo conferenza.

Dopo settimane di preparazione le aspettative, almeno  per quanto mi riguarda, erano davvero molte: dopo anni di tanto parlare finalmente si sarebbero tirate le fila del discorso, uni con gli altri, professionisti della luce da una parte e costruttori dall’altra. Progettare il progettista, questo lo scopo da raggiungere a fine giornata, o meglio porre le basi per un processo che nei prossimi anni dovrebbe cambiare le sorti della professione di  light professionista italiano.

Entrando nello specifico degli interventi, per la maggior parte  molto interessanti, altri già sentiti, alcuni fuori tema completamente. Dalla parte dei professionisti quello che è parso chiaro è  la volontà di trovare un punto di accordo prima di tutto tra le troppe associazioni della luce nazionali, e quindi unirsi in una sorta di confederazione di professionisti, che fa un po’ lobby, ma che è di fatto l’unico modo per poter far valere il proprio verbo a livello internazionale. Poi, non da meno, trovare una sorta di accordo di non belligeranza con i costruttori  che ad oggi offrono un supporto alla vendita gratuito, che di fatto viene chiamato progettazione, ma che nel 90% dei casi si limita a qualche calcolo illuminotecnico. Quindi altro obiettivo è trovare un termine più appropriato per ogni servizio offerto, visto che, in effetti, ciò che esce dall’azienda è ben diverso dal servizio offerto dal progettista illuminotecnico, soprattutto in termini di qualità.

Quindi ad ogni servizio il nome che più gli compete: progetto illuminotecnico e servizio di supporto alla vendita, sarà poi il cliente a scegliere l’uno o l’altro, conscio naturalmente del  fatto che nulla viene dato gratuitamente.

Dall’altra parte, quella dei costruttori, intervento che a me è piaciuto molto è quello di Alessandro Sarfatti, che  in qualità di consigliere Assoluce, si è detto pronto ad accogliere la proposta offerta dai progettisti.

Unico mio dubbio, che proprio non vuole uscire dalla testa è, ma come reagiranno a tutto questo le aziende che sbandierano il famigerato “servizio di progettazione gratuito” ,che di fatto viene usato come strumento di marketin o, se preferite, come specchietto per le  allodole?

Per finire il web e la luce, che poi  è stato il punto cardine del mio intervento. Credo fortemente che siti internet, blog, portali, ecc siano fondamentali per una diffusione capillare della tanto menzionata “cultura della luce”. Se ben veicolato, lo strumento di comunicazione via web può arrivare ben oltre la carta stampata di settore, naturalmente sta a  chi scrive trasmetter dati più corretti possibile e quindi fidelizzare i lettori su contenuti di qualità.

A termine conferenza mi è stato chiesto perché sono contro l’utilizzo di Facebook. Immagino  di non esser stato chiaro durante il mio intervento, e visto che Luxemozione ha una pagina FB, non vorrei far la figura di quello che predica bene e razzola male. Vorrei spiegare un po’ meglio.

Come dicevo ieri all’amico Matteo, io non sono contro Facebook in quanto tale, visto che a tutti gli effetti è uno strumento potentissimo di diffusione di notizie. Sono tuttavia molto contrario all’utilizzo della diffusione della notizia senza controllo e, visto che ho sudato sette camicie per creare contenuti di qualità (un po’ come gli altri blog o siti sulla luce  che conosco), non vorrei che un uso errato di questo strumento portasse ad una perdita di consensi. Per fare un esempio, quello che sta succedendo alla pagina di Lighting Network di cui faccio parte e sulla quale ultimamente  si fa fatica a discernere le notizie sulla luce da altre di carattere personale, che con la luce poco hanno a che fare.

Per chiudere due parole proprio sulla Lighting Network, nata da un Idea di Maurizio Gianandrea poco più di un anno fa. Uno strumento potentissimo, fondamentale a diffondere in modo coordinato la cultura della luce via web, ma oggi un po’ fuori  controllo e che (chiedo venia)  personalmente ho un po’ trascurato.

E’ giunto il momento di riprenderne in mano le redini, porre delle regole e magari pensare di estendere il gruppo ad altri siti che si occupano di luce.

 

link intervento del 5 marzo di Giacomo Rossi

 

 

Matteo Seraceni - arching.wordpress.com/

Uno dei nodi fondamentali da dirimere riguarda sicuramente il riconoscimento della professione e del progetto della luce da parte della committenza: il progetto della luce oggi non viene riconosciuto come “valido” o perlomeno “essenziale” e pertanto diventa un “di più” per i committenti, che difficilmente si rendono disponibili a pagare questo tipo di prestazione (se non obbligata o comunque vincolata ad una progettazione architettonica o scenica più ampia). Per questo motivo abbondano produttori che “regalano” il progetto della luce (e, di contro, progettisti indipendenti che riescono a fatica a sbarcare il lunario).

Il problema però, a mio parere, non è quello di “obbligare” il committente ad avere un progetto illuminotecnico firmato da un progettista attraverso l’istituzione di un ordine professionale (anche perché sarebbe comunque facile per un medio/grande produttore assoldare un progettista a libro paga e regalare comunque i progetti) ma piuttosto quello di comunicare in che modo un professionista della luce è in grado di fornire qualcosa in più di un semplice disegno su carta. Non sto parlando di grettezza: professionisti come muratori, idraulici, elettricisti, medici, commercialisti, ecc. incontrano pochi problemi a venire pagati, poiché in qualche modo appaiono svolgere lavori essenziali e difficilmente riproducibili; altri professionisti invece – come architetti, ingegneri, professionisti della luce – hanno sempre difficoltà a dimostrarsi “degni” di essere pagati (od almeno a non essere apertamente derisi).

A cosa è dovuta questa mancanza di “fiducia”? Da una parte la massificazione dei consumi e delle competenze ha portato ad una sottovalutazione del ruolo del progettista: oggi basta andare ai grandi magazzini, comperare qualche lampada e sentirsi lighting designer (magari con l’aiuto del solito elettricista fac-totum). Dall’altra parte incontriamo molti professionisti che sono purtroppo dei mediocri e, anche se in minoranza,  abbassano la stima della committenza per l’intera categoria; altri professionisti invece si sono venduti anima e corpo a qualche produttore e, seppure preparati, svolgono un lavoro pessimo.

Oggi come mai si sente la necessità di indipendenza, professionalità e soprattutto di avere una federazione di professionisti alle spalle forte, ampia e non legata a società o produttori: come giustamente ha fatto notare Palladino, i produttori hanno rivoluzionato l’idea di illuminazione in Italia e hanno aperto la strada alla nostra professione; ora però è forse giunto il momento di camminare sulle nostre gambe.

 

link intervento del 5 marzo di Matteo Saraceni

 

 

Per chi volesse consultare tutti gli atti del convegno, è possibile scaricare il documento dal blog di APIL.

 

 

Di seguito le interviste di alcuni relatori del convegno