Luce non curata, ovvero, malata |
Scritto da Romano Baratta | |
Editoriale In questi giorni mi sono imbattuto in una discussione con il responsabile del reparto di un noto istituto di cura italiano. In questo istituto di cura vi è un reparto in ristrutturazione, per rendere l'ambiente più accogliente e più idoneo per la degenza i responsabili hanno pensato di chiedere collaborazione al Politecnico di Milano. Il Politecnico, tramite l'intervento di alcuni suoi studenti, è intervenuto con la modifica dei colori, dei materiali, delle disposizioni degli arredi, delle decorazioni, ecc. Gli obbiettivi di questo intervento sono: ridurre l'ansia, fornire un clima di speranza ed attitudine positiva al futuro, creare un'atmosfera di serenità e fiducia. Durante la discussione mi è venuto spontaneo, chiedere al mio interlocutore, se il Politecnico, o l'architetto che dirige la ristrutturazione, abbiano pensato a progettare l'illuminazione. Come dubitavo mi è stato risposto che l'illuminazione è già prevista dall'appalto e quindi non modificabile. A questo punto chiedo di indicarmi come sarà e se è in linea con gli interventi del Politecnico. Mi viene risposto, dopo un consulto con l'architetto, che sono previsti degli incassi 4x18 w con ottica lamellare dark light e che non sono state pensate in virtù dell'intervento del Politecnico. A questo punto mi espongo dicendo al responsabile che è una vergogna inserire in sale di degenza apparecchi ad incasso con ottica lamellare, prodotti adibiti per l'applicazione in uffici e per di più anche di bassa qualità (mi è stata indicata l'azienda ed il modello dell'apparecchio in questione). Questi apparecchi sono letteralmente superati da modelli più efficaci con tecnologia differente anche per gli uffici. Continuo la mia critica sostenendo che è una vergogna posizionare in camere di degenza apparecchi a soffitto che disturbano i pazienti coricati sui letti. Sottolineo nuovamente che è una vergogna non aver pensato ad una ristrutturazione programmata ed in linea con gli interventi del Politecnico, si sarebbe potuto studiare bene la posizione degli apparecchi, la direzione della luce e la scelta delle sorgenti e della loro colorazione. È ancora più vergognoso se pensiamo che questo istituto è all'avanguardia in Europa per la cura di una grave malattia e, quindi, luogo di massima ricerca. Nonostante la finalità dell'edificio e la attuale ristrutturazione non si è tenuto conto dell'importanza dell'illuminazione e si è caduti in un'illuminazione eseguita senza un minimo ragionamento. Mi domando a quale incompetente architetto sia stata affidata la ristrutturazione del reparto di questo importante istituto di cura. La cosa che mi fa arrabbiare è che è stata pensata una miglioria per la degenza dei pazienti mediante colori alle pareti, forme, materiali senza pensare alla luce. Luce che serve a far vedere i colori, i materiali e le forme. È stata predisposta una luce tanto inadatta da non far ben risaltare quei colori, quei materiali e quelle forme, limitando, così, i benefici ai pazienti. Questo è il risultato della mancanza dell'obbligatorietà dei progetti di illuminazione. Obbligare non è mai cosa piacevole, ma l'esempio di cui sopra fa ben capire che, anche in luoghi di ricerca e di qualità, l'illuminazione non viene considerata. Mancando i progetti di illuminazione è facile trovarsi in luoghi poco sicuri e poco funzionali. È importante affidarsi a professionisti della luce per l'illuminazione di qualsiasi ambiente. Romano Baratta (direttore) |