La migliore delle ultime mostre viste a Villa Panza a Varese. Non dico questo per il calibro degli artisti in esposizione ma proprio per il valore delle opere presenti. Non tutte, però, sono opere eccelse e soprattutto non tutte sono legate in modo diretto con la luce, ma quelle che lo sono esprimono una ricerca seria sulla luce. Non è una novità se a questo punto del ragionamento teniamo conto dei nomi degli artisti: Robert Irwin e James Turrell non sono nuovi ad interventi della luce di pregio. I due artisti sin dagli anni 60’ hanno ricercato e studiato gli effetti percettivi della luce permettendo ai visitatori dei loro interventi di vivere proprio percezioni differenti.
Turrell è più conosciuto al vasto pubblico. E’ più conosciuto perché ha esposto nel tempo più di frequente ma soprattutto perché ci ha continuato a stupire con ambienti di luce sempre sui generis. Ultimo proprio l’intervento al Guggenheim, Aten Reign, dove il soffitto concentrico del museo è diventato un grande sole dispensatore di luce ed energia. Irwin è più concettuale nell’approccio alla luce ma non meno interessante. In Irwin, col tempo, l’aspetto psicologico ha lasciato spazio a quello più fisico e di analisi della relazione della luce naturale con i materiali e le architetture.
La mostra è formata da opere storiche, da opere create appositamente per la mostra e dalle opere già presenti nella collezione della villa. A completare il percorso, dei video che documentano il lavoro degli artisti e del loro legame con la villa oltre a dei documenti, delle vere chicche, che attestano il lavoro curatoriale del conte e il legame profondo tra Irwin, Turrell e Giuseppe Panza. Di questo materiale di documentazione sono interessantissimi una serie di idee progettuali di allestimento eseguiti dal conte, dove si può notare la volontà di curare nel dettaglio il percorso museale della villa. Ci sono progetti anche per spazi museali per altre città, che purtroppo non sono stati realizzati. Molto emozionante anche la documentazione epistolare tra gli artisti e il mecenate, che lascia trasparire il loro forte legame umano e personale nonché la dedizione con la quale affrontavano i progetti artistici.
La mostra nel complesso, seppur vasta, si lascia visitare con tranquillità, complici gli ampi spazi e le belle sale, ma soprattutto la natura delle opere esposte. La leggerezza della visione, che non prevede una elucubrazione intellettuale, permette di lasciarsi immergere nel flusso artistico delle opere lasciando alla percezione e alle sensazioni di vivere spontaneamente questi ambienti. Non è come visitare una classica mostra d’arte contemporanea dove è necessario conoscere il linguaggio stesso dell’arte contemporanea per comprenderne i messaggi e i significati. In questa mostra basta lasciarsi andare alla naturalezza dei propri sensi e osservare liberamente le opere.Questo è proprio l’approccio caratteristico della Light Art, che la rende differente dal resto dell’arte contemporanea. Diretta, leggera, univerale. Purtroppo, o per fortuna, tale diversità la porta anche a non essere considerata dall’art system e dalla critica, sempre più legata a opere che ammiccano alle convenzioni e agli stilemi del periodo. La Light Art considera ambiti differenti rispetto a quelli del dibattito artistico, nessuno dei quali legati alla natura commerciale. Opere spesso difficili da vendere, soprattutto da operatori svogliati, che preferiscono il veloce e comodo profitto.
Per questa mostra non è necessario prepararsi. Questa mostra può essere visitata da chiunque. Vi raccomando di sostare e visionare le opere almeno per qualche minuto. Spesso, proprio per motivi percettivi, è necessario che l’occhio si adatti un po’ all’ambiente per acquisire la capacità di rilevare delle sfumature ma soprattutto per permettere all’opera stessa di rivelarsi. Le informazioni di base sulle opere vi verranno consegnate alla biglietteria assieme alla pianta della mostra. Avrete informazioni sulle date di produzione e sulla ricerca sviluppata dall’artista.
Evito di spiegarvi le singole opere perché, a mio avviso, è meglio andare liberi da preconcetti, abbandonandovi alla visione. Per questo vi consiglio di vedere prima l’opera e poi magari leggere le informazioni relative. Un modo per essere puri.
Tecnicamente le opere sono realizzate con differenti materiali e anche con differenti tipologie di luce. Alcune opere sono costituite solo dalla luce naturale, altre dalla luce fluorescente modificata, talune da elementi architettonici o materiali in relazione alla luce naturale. Poi abbiamo la luce generata da videoproiettori, la luce di sorgenti a LED e ad alogeni rifratta da superfici olografiche e la luce di LED RGB diffusa in ambienti chiusi secondo una gestione temporale programmata. Non sto a soffermarmi sulla metodologia di esecuzione delle opere, perché molte sono semplici e di facile comprensibilità al momento della visita e altre, seppur meno facili da capire, non sono fondamentali nella fruizione dell’opera. La loro tecnica è solo al servizio del risultato. Non perdetevi assolutamente il Ganzfeld di James Turrell. Non è un’opera che si può vedere facilmente. Quando entrate abbandonatevi totalmente allo spazio. Svuotate la mente. Non pensate. Non parlate. Vedete e basta.
Propongo a voi tutti di scrivere nei commenti la vostra opinione sulla mostra, le vostre osservazioni e sensazioni, in modo da condividerle con tutti. Avremo modo di leggere i diversi punti di vista e discuterne. |
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