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Romano Baratta
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Evoluzione e Collaborazione. Come migliorare la professione del lighting designer PDF Stampa E-mail
Scritto da Romano Baratta   

 INTERVENTO DI ROMANO BARATTA AL CONVEGNO APIL:

PROGETTARE IL PROGETTISTA

5 MARZO 2012

 

ABSTRACT 

L’ambito professionale del lighting necessita di una forte “regolata” che permetta di migliorarlo. Ma per farlo dovremmo chiederci: chi è il lighting designer? Cosa deve saper fare? Qual è la sua considerazione nella società? Quindi: cosa fare per migliorare la professione?

Sicuramente una maggiore unità tra le associazioni e meno concorrenza con le aziende costruttrici. La professione del lighting designer ha visto purtroppo poca evoluzione e negli ultimi anni si è sempre andati più verso uno sviluppo tecnico tralasciando l’aspetto culturale. E’ necessario evolvere la sua figura ricercando in ognuno di noi l’essenza che ci lega alla luce manifestandola in un proprio stile.

Elevarci a progettisti non solo tecnici ma anche culturali, progettisti d’intelletto creativo. Non lavorare solo su norme e calcoli ma soprattutto su un vera ricerca della luce che permetta di creare ambienti luminosi unici e sempre con maggiore qualità. Questa evoluzione professionale assieme all’apporto costruttivo delle associazioni e alla collaborazione delle aziende costruttrici permetterà la rivalutazione del settore.

  

INTERVENTO

Lighting Designer, progettista della luce, professionista della luce, progettista illuminotecnico. Tutti modi per definire colui che ha la capacità di illuminare gli ambienti del nostro mondo. Una professione che richiede un’alta preparazione e un continuo aggiornamento. Ma chi è il lighting designer? Questa è la domanda che mi sono posto molti anni fa e da altrettanti anni la risposta è sempre la stessa.

E’ un lighting designer colui che è preparato su questi tre fondamenti:

Fisica (ottica e fenomeni della luce).

Tecnica (sorgenti e apparecchi).

Cultura (motivazioni sociologiche, antropologiche, filosofiche, storiche ed artistiche legate alla luce).

Molti sono preparati soltanto sui primi due fondamenti. Chi non è preparato anche sull’aspetto culturale della luce è semplicemente un tecnico della luce e non un professionista della luce. Ci sono tantissimi tecnici della luce in giro e ci sono altrettanti pseudo-progettisti della luce. I primi sono ottimi applicatori di norme e leggi, eseguono i calcoli necessari e dispongono la luce come richiesto. I secondi invece non sono neanche preparati sulla fisica della luce e conoscono poco anche le sorgenti, ma nonostante questo si adoperano nel fare calcoli e disposizioni in pianta di apparecchi. Si spacciano per progettisti sia i primi che i secondi, ma non lo sono. Il lighting designer non applica in modo meccanico le norme ma le valuta in base alle reali esigenze illuminotecniche dell’ambiente. Sviluppa in primis delle ricerche ed elabora delle idee necessarie a progettare la luce migliore.

E’ evidente che c’è molta confusione a riguardo. Si pensa che un semplice calcolo illuminotecnico sia il progetto stesso. Lo pensano in tanti. Lo pensano le aziende costruttrici, lo pensano i distributori, lo pensano molti professionisti tra ingegneri, architetti, periti, ecc. Un progetto illuminotecnico è composto da una serie di elaborati fondamentali, ma soprattutto dalla consapevolezza di eseguire una illuminazione che faccia esaltare e caratterizzare uno spazio nel rispetto della fisiologia e psicologia dell’uomo.

Ho lavorato tanto per far dialogare le associazioni per il miglioramento del nostro ambito professionale. Sia sul portale dell’illuminazione contemporanea che dirigo, Lighting Now! che con l’incontro organizzato durante il Contemporary Lighting Context a Como. Da questi sforzi si è arrivati a questo importante convegno APIL dove ribadisco i punti fondamentali su cui lavorare per migliorare la professione dei lighting designer.

E’ necessario che:

- Ci sia una visione condivisa degli intenti professionali da parte delle varie associazioni, delle aziende di illuminazione, dei distributori e naturalmente dei lighting designer.

- Si combatta la mala-informazione diffusa sulla luce.

- Si combattano i falsi progettisti che screditano questa professione o la fanno percepire come inutile agli occhi dell’opinione pubblica per le loro errate applicazioni.

- Ci sia rispetto da parte delle altre professioni tecniche del costruire (ingegneri, architetti, geometri, periti)

- Si faccia comprendere cos’è un progetto illuminotecnico e da cosa è composto.

- Si diffonda nell’opinione pubblica l’importanza di progettare la luce e l’importanza della qualità della luce per vivere meglio.

- Si imponga la certificazione d’illuminazione (frutto di un progetto completo)

- Si costituisca un ordine professionale (se rimangono in vigore gli altri ordini) o un organo serio che regoli e difenda i professionisti

Come proposto a Como lancio l’idea di creare una confederazione delle varie associazioni della luce, in modo da unire le forze innanzi agli organi competenti del governo per far sentire la nostra voce e le nostre necessità.

Solo se saremo tutti uniti sarà più facile farci sentire.

Un altro punto fondamentale di riflessione professionale è la mancanza di un vero e proprio stile personale nei lavori dei lighting designer. Non esiste una propria ricerca che porti ad un personale gusto, ad una personale matrice stilistica come succede per i grandi architetti, i grandi stilisti. Questa discussione spesso viene troncata con la scusa che un progettista della luce deve illuminare bene mettendosi al servizio dell’architettura. Credo che una buona illuminazione possa avere carattere e una propria impronta senza danneggiare l’architettura e le persone, donando un profilo del tutto inaspettato dello spazio. Anche gli architetti e gli stilisti, per esempio, devono progettare tenendo in considerazione le norme e l'essere umano. Se non c’è uno stile differente tra i lighting designer e tutti sono bravi conoscenti della materia, qual è la motivazione di sceglierne uno rispetto all’altro? Un motivo economico? Simpatia? Attualmente mi risulta che la scelta sia solo per conoscenza. Si chiama un lighting designer amico, o amico di amici, senza visionare un book e valutare il suo modo di illuminare. Questo perché per il 90% dei casi, il risultato finale è spesso simile e non si intravedono le personali interpretazioni. Si progetta in modo standardizzato secondo una modalità diffusa. La gente pensa che chiamare tizio o caio sia la stessa cosa, ed è per questo che molti pseudo-progettisti o semplici tecnici hanno vita facile. Non è richiesta una personale ricerca, ma solo l’applicazione di soluzioni standardizzate che questi personaggi copiano e applicano a ripetizione.

Se i lighting designer facessero emergere i loro gusti e le loro propensioni il mercato migliorerebbe perché i committenti potrebbero scegliere tra differenti possibilità espressive. I migliori emergerebbero a discapito dei falsi. Progettare una illuminazione non è come redigere un calcolo energetico di un edificio. La luce è emozione e atmosfera. Le emozioni e le atmosfere sono legate alla sfera sentimentale dell’uomo e per farle emergere è necessario anche un senso estetico sviluppato e una buona dose di creatività. Se non ci sono questi sviluppi vuol dire che si sta mettendo semplicemente la luce nello spazio.

Purtroppo ultimamente ho riscontrato che queste problematiche si stanno evolvendo in modo negativo per l’ambito professionale. Si notano progettisti che stanno migrando verso i distributori.

Progettisti capaci, quindi preparati che stanno lasciando gli studi, propri o di altri progettisti. Questo fenomeno è preoccupante per i professionisti della luce. La mancanza di sbocchi e l’inabissamento della meritocrazia è deleterio soprattutto per i più giovani, che cercano altre strade per lavorare.

E’ preoccupante perché vorrà dire che queste realtà commerciali si stanno attrezzando per offrire lo stesso servizio che fino ad oggi poteva essere offerto solo dagli studi… ovvero una progettazione completa e ben fatta.

La distribuzione si sta organizzando con progettisti qualificati.

I giovani progettisti della luce stanno accettando le loro offerte di lavoro.

Gli studi di progettazione avranno a breve competitor molto piu’ aggressivi sul mercato.

Per migliorare la professione è necessaria una nostra evoluzione culturale. Non basta conoscere tecnica e norme dell’illuminazione ma è fondamentale divenire professionisti culturali del nostro ambito, degli intellettuali creativi. Con queste basi allora si che la società comprenderà il valore aggiunto della luce. Potrà valutare la luce non solo come una componente tecnica utile per vedere ma fondamentale per vivere meglio e per manifestare la propria personalità.

Questa evoluzione unita ad un gioco di squadra con le associazioni e le aziende costruttrici consentirà la rivalutazione del settore.

Per riassumere è necessario:

UN'EVOLUZIONE CULTURALE DEI PROGETTISTI

ACQUISIRE UN PROPRIO STILE

LA COLLABORAZIONE CON LE ASSOCIAZIONI E LE AZIENDE

IL RISPETTO DEGLI ALTRI AMBITI PROFESSIONALI

L' ESALTAZIONE DEL MERITO

Non perdiamo tempo! Affrettiamoci a collaborare tutti.

Link per scaricare l'intervento in APIL di Romano Baratta in pdf


 

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