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La luce e i beni culturali PDF Stampa E-mail
Scritto da Piergiorgio Capparucci   

Terzo saggio di tre sulla luce nella pittura e per la pittura.  

Gli ambienti architettonici e gli oggetti d’arte sono “visibili” grazie alla luce. E’ infatti il giusto dosaggio di quantità e qualità della luce, che è oggi a nostra disposizione in forma artificiale dalla invenzione della luce elettrica, che consente la completezza del processo percettivo e di conseguenza la “giusta conoscenza” del soggetto illuminato. Questo nuovo materiale della creazione è da sempre configurante ed esemplificante il rapporto tra l’uomo e le tre grandi arti del disegno: Pittura, Scultura e Architettura, cioè è parte integrante e fondamentale della storia della cultura artistica.

 

I linguaggi artistici sono stati attraversati dalle infinite possibilità interpretative della luce, che si fa espressione e simbolo, elemento centrale della produzione estetica. Esiste dunque un aspetto “storico”, insieme a quello scientifico e tecnico, della luce, che individua le valenze culturali specifiche allorché pensiamo alla luce che si fa materia né più né meno di quanto lo siano la pietra, il laterizio, il marmo, ecc. Luce e fruizione dei beni culturali. La fruizione dei Beni Culturali, è il presupposto da cui partire per affrontare il complesso rapporto “storico” tra luce e forma nelle numerose ed eterogenee produzioni d’arte. Oggetto di questa breve analisi sono i beni sia esterni (come gli edifici e i contesti urbanistici di valore storico-artistico, sia interni come musei, pinacoteche, luoghi di esposizione di opere d’arte).

Il concetto che la luce è un materiale della progettazione o della creazione in generale, ci consente di affermare che un utilizzo sbagliato può anche compromettere il rapporto tra il fruitore e l’opera, con la luce si può “creare” un opera d’ arte, cioè definirne un significato espressivo e comunicativo.

Questa “creazione” può essere applicata tanto all’architettura, quanto alla pittura e alla scultura: ideare un nuovo edificio o una scultura, pensando anche alla fruizione notturna che potrebbe essere uguale o difforme da quella diurna, oppure un opera pittorica per andare oltre il “tradizionale” valore della luce finora esclusivamente rappresentata. Esiste però un altro aspetto molto importante del “creare” con la luce, ed è quello che possiamo definire come “progettazione di servizio”. Dove per servizio si intende, non uno sminuire della attività creativa e progettuale, ma il complesso rapporto tra i beni culturali storico-artistici preesistenti nati in epoche precedenti l’invenzione della luce elettrica. Nel momento in cui decidiamo di fruire anche di notte di edifici storici e del loro contesto urbano, dobbiamo necessariamente evitare di stravolgere il loro naturale aspetto, i materiali, la costruzione geometrica, gli elementi costruttivi che ne identificano lo stile. Anche per il contesto urbanistico dovremo necessariamente attenerci al rispetto dell’originalità del costruito, senza in alcun modo modificare la struttura relazionale esistente tra gli edifici. Rispettare quindi, come prima istanza, il significato originario dei beni storico-artistici, vuol dire illuminare correttamente un’opera architettonica, un’esposizione di pittura o di scultura, e conoscere i significati specifici e comportarsi in modo che gli stessi siano “leggibili” sia nella fruizione notturna che diurna. Un altro aspetto importante da non sottovalutare riguarda le apparecchiature che vengono utilizzate per produrre la luce a servizio di questi beni. Ancora troppo spesso viene eluso o dimenticato il loro impatto diurno, dimenticando che il rispetto dei beni storico-artistici, passa anche attraverso una seria valutazione del problema dell’inquinamento estetico. E’ facile trovare “forme” che cozzano per dimensione e morfologia o colore con l’architettura dell’edificio dove sono applicate, o di oggetti che “ingombrano” sale di musei storici dimenticando che il museo stesso, proprio perché storico, è un’opera d’arte. La soluzione che sembra essere più adeguata a questo problema di non poca importanza, è quella di integrare nel modo più determinato possibile, le apparecchiature. Sforzarsi di trovare i collegamenti necessari a realizzare una integrazione consonante con lo stile dell’edificio, consonanza dimensionale, morfologica, cromatica che permetta un rispetto proporzionale, formale e cromatico delle preesistenze. In conclusione è utile sintetizzare alcuni concetti già espressi, per meglio focalizzare l’argomento trattato: La luce da “inventare” per valorizzare e rendere fruibili le opere d’arte, è una luce di servizio alle qualità espressive ed intrinseche delle opere stesse. Questo ambito applicativo della luce è più facilmente ascrivibile, nel complesso rapporto dialettico-espressivo della luce per i beni culturali (termine che fa riferimento alle tre grandi discipline del disegno: pittura, scultura, architettura). E’ per quanto detto che risulta essere assolutamente fondamentale il rapporto dialettico ed il lavoro in team, del disegnatore della luce, del museografo, del responsabile del museo o della mostra, dello storico-critico d’arte.

I quali individueranno, prima ancora della soluzione tecnica, i criteri fondamentali e di metodo da cui scaturirà il progetto. In una sola parola individueranno il “modello concettuale” alla base delle scelte tecniche che seguiranno.

La messa a punto di questo modello di intervento ha il solo scopo di definire da un lato il sistema delle cose da rendere visibili, cioè “il cosa” illuminare, in funzione del significato e dall’altro il sistema della visione, cioè il “come” illuminare in funzione della costruzione narrativa. In sintesi con il termine modello concettuale si indica il momento delle scelte interpretative per illuminare correttamente l’oggetto-soggetto, operando una sintesi delle conoscenze raccolte in sede di analisi. E’ naturale che tutto questo avvenga senza dimenticare i vincoli di qualità e quantità di luce imposti dalle normative vigenti per la tutela e conservazione delle opere d’arte.

 

(si ringrazia per la collaborazone L'Accademia della Luce e il suo presidente Maurizio Gianandrea)

 

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