Non c'è più niente da fare... è stato bello sognare
Scritto da Romano Baratta   

Non c'è più niente da fare... lighting designCredo che non ci sia nulla da fare per migliorare l’ambito del lighting design in Italia. Non lo vogliamo migliorare. Siamo noi stessi progettisti che ce ne freghiamo di migliorarlo. Non ci frega di fare squadra per lavorare assieme alle pecche che ci sono nel nostro campo.

 

 

 

Tutti si chiudono a riccio e si difendono su qualsiasi minima osservazione che viene fatta, su qualsiasi considerazione e proposta di discussione. In Italia non siamo capaci di discutere in modo costruttivo senza pensare che quanto indicato non è un attacco ma un modo di crescere e sviluppare il futuro.

Il nostro ambito professionale è l’esempio in piccolo del “Sistema Italia”. Mancanza di crescita, mancanza di discussione costruttiva, mancanza di proposte e quanto qualcuna c’è viene subito snobbata o attaccata. Mancanza di organizzazione … Mancanza di serietà!

In questi ultimi 5 anni mi  sono battuto tanto per far si che l’ambito del lighting design potesse migliorare. Ho fatto proposte, ho cercato di risvegliare gli animi, ho cercato di organizzare incontri di discussione e di cooperazione, ho cercato di fare osservazioni costruttive o semplicemente ho cercato di far presente delle lacune o delle criticità presenti, ma alla fine ho solo constatato il nulla!

Nel nostro ambito non c’è partecipazione, non c’è costruzione, non c’è niente! Ci sono solo due cose che vedo che in modo ripetuto e costante si manifestano:

-       Infangare e minimizzare qualsiasi idea, buona o non buona.

-       Menefreghismo spinto su qualsiasi argomento dell’ambito professionale.

La prima è una azione che viene eseguita da chi si sente in difetto o che ha un senso di inferiorità. Che prova d’ostacolo che qualcun altro faccia delle cose. L’infangamento viene anche eseguito da chi si sente in pericolo. Spesso è il pericolo derivato dalla paura del cambiamento. Gente che preferisce che le cose rimangano ferme, perché così riesce a sopravvivere nello spazio che si è costruito.

La seconda viene eseguita da quelli che a mio avviso sono i più pericolosi. Gente che non gliene frega niente. Che spesso non hanno un’idea personale o comunque non hanno interesse per quello che fanno, di dove e come vivono. Gente che anch’essa vive nello spazio chiuso che hanno costruito.

In un periodo di globalizzazione dove dovremmo essere sempre più aperti all’altro e alle cose, ci ritroviamo con persone che hanno costruito il loro spazio chiuso a mò di fortino. Guai a chi gli tocca il fortino! Quello che non capisco è perché difendono il fortino anche da idee e proposte che hanno come fine il miglioramento del loro stesso fortino. Forse alla base c’è un sentimento di gelosia che unisce tutti coloro che sono “contro” al cambiamento. Gelosi delle idee degli altri. Gelosi che non sono stati loro ad averle avute. Gelosia che nasce dalla rivalità. La gelosia è un sentimento negativo che nasce dalla consapevolezza di essere inferiori e di non essere all’altezza delle capacità di un altro, tale da spingere alla continua rivalità. Una rivalità negativa e non quella sana data dalla pura competizione, quella leale che ha permesso alla società di progredire.

Ma che senso ha di parlare di rivalità quando si cerca di migliorare un ambito bistrattato dove tutti potrebbero beneficiarne? Che senso ha la competizione? Eppure c’è gente che pone la competizione e la rivalità innanzi ad ogni cosa che fanno.

Dopo questi ultimi 5 anni vi confesso che mi sono davvero stufato di tutto ciò. Mi sono stufato di chi non fa nulla, di chi minimizza, di chi infanga, di chi se ne frega e di chi non è sincero.

Continuerò a fare le cose in cui credo e quello che mi piace. Continuerò a fare cultura della luce per chi interessa e se lo merita, ma non credo di continuare a fare proposte di miglioramento di questo ambito professionale.

Non ci sono soluzioni. Non lo si vuole, ed io non ho tempo da perdere!