LE CITTA' DI LUCE: Burus
Scritto da Romano Baratta   

Se volete trovare un luogo dove non c’è luce bisogna venire a Burus. Questa città è il buio assoluto. Qui non esiste la luce. Potrebbe essere il non-luogo per eccellenza per i progettisti della luce o magari la tabula rasa da dove fare tutto. I suoi abitanti hanno sviluppato totalmente gli altri sensi. Non sono ciechi.

La vita qui è semplice. Non c’è la complicanza di una città dove si vede qualsiasi cosa. L’esteticità delle cose non si sa cosa sia se non per il suo valore tattile-materico. La creatività ha preso fondamentalmente due strade, quella musicale e quella olfattiva. Gli abitanti di Burus sono grandi produttori di strumenti musicali e di profumi ma anche grandi importatori di generi alimentari. Qui non si può coltivare e allevare nulla: non c’è luce.

Essere a Burus è davvero straniante. Sembra, per chi come me è abituato alla luce, di vivere nel nulla. Eppure non è il nulla. Per comprendere appieno il senso del vivere a Burus bisogna rimanerci almeno per un mese. Si comprende dopo questo periodo, passata la fase iniziale di rigetto, l’importanza del buio. All’inizio sembra tutto simile, ma poi gli occhi si adeguano maggiormente e inizia quella fase di visione nell’oscurità. Si riescono a percepire le diverse sfumature del buio.

Ho provato con una torcia ad illuminare alcuni angoli di Burus. E’ l’esempio perfetto di città senza barriere architettoniche. Costruzioni semplici e pratiche, sistemi efficienti. Una città pulita. Con quella torcia ho provato una sensazione primordiale: tagliare l’oscurità assoluta con un fascio di luce. Dirigere il visibile. Dare luce.

 

Dopo un periodo lungo a Burus gli occhi vedono meglio. E’ aumentata la percezione dei contrasti e la definizione. Burus è una sana dieta per gli occhi.