Bisogna recuperare la coscienza del lavoro
Scritto da Daniele Traferro   

COMMENTO ALL'EDITORIALE:

Come i periti industriali ci rovinano il mercato 

Gentile direttore Baratta,

le scrivo privatamente per commentare il suo editoriale appena ricevuto su Lighting Now!, ma la autorizzo fin da ora, se riterrà, di pubblicare la mia risposta. Inizio col dirle che sono d’accordo con la sua presa di posizione, io nella mia vita ho fatto tante cose, compresa la progettazione di impianti elettrici, e non ho difficoltà a confermarle che il progetto (tutto il progetto) viene fatto con dei software che nulla hanno a che fare con le reali necessità del cliente, ma che rispondono perfettamente alle oramai famose (e famigerate) norme tecniche, e che il progetto illuminotecnico, presentato ad un euro, è stato invece sicuramente abbondantemente ricaricato nel resto del progetto elettrico e nelle probabili provvigioni ricevute da chi poi venderà i corpi illuminanti.

Mio nonno diceva: “togli l’interesse che il mondo è giusto.”, il senso credo si colga facilmente.

Ma, sempre per aver fatto molte cose nella mia vita, mi permetto di dirle che il problema vero viene da lontano e non è, né può essere relegato al solo mondo della luce.

Quindi urli pure il suo disappunto, troverà (le auguro molti e io sarò uno di quelli) chi le farà da eco, ma finché ogni tipo di realizzazione tecnica verrà esclusivamente gestita da specifiche e normative sempre più stringenti e obbligatorie, il suo sarà un grido nel vuoto. Perché il programma usato dal perito, che lei chiama “farabutto”, ridà sicuramente i livelli di luminanza “dentro le norme”, i livelli di illuminamento “dentro le norme”, i livelli di abbagliamento “dentro le norme”, e quindi cosa imputargli come critica per il suo lavoro? Ha sicuramente realizzato un lavoro “secondo quanto previsto dalle norme tecniche”.

Non mi fraintenda, le ripeto che io sono d’accordo con lei, ma quante ore di lezione ci sono, in tutti i Master in Lighting Design organizzati in Italia, (consideri che ogni hanno ho delle lezioni sia a quello della Sapienza di Roma che al Politecnico di Milano), sui famosi “software illuminotecnici”?

E, se dovessi essere sincero, quanti dei suoi colleghi sono bravissimi nel fare tutti i calcoli possibili ed immaginabili, tutte le immagini tridimensionali, tutti i grafici previsti, ma non sanno fare un progetto illuminotecnico così come lo intende lei? Mi assumo la responsabilità di ciò che dico, anche perché ritengo di avere i titoli per esprimere pareri del genere, almeno per la mia storia professionale. (Pur essendo anche io solo un perito).

Ora, non c’è una azienda produttrice che non abbia l’ufficio di progettazione illuminotecnica, non c’è un grossista che non abbia l’ufficio di progettazione illuminotecnica, non c’è elettricista che non abbia qualcuno che gli fa i progetti, inclusi quelli illuminotecnici; come ne esce?

E se ampliassimo il discorso? Nel 1990, quindi in tempi non sospetti, c’è stata una vera guerra a livello politico da parte degli architetti che hanno preteso, e ottenuto, di poter fare e firmare i progetti degli impianti tecnologici, (elettrico ed idraulico), perché all’uscita della famosa legge 46/90 si prevedeva un mercato enorme per il rifacimento e la messa a norme degli stessi.

Ora gli architetti fanno i calcoli ed i disegni della struttura di cemento armato dei loro progetti con un software dedicato, gli idraulici fanno i calcoli dei loro impianti con un software fatto apposta, gli ingegneri lo stesso. Tutti fanno il lavoro un tempo deputato ad altri non perché sia aumentata la conoscenza e l’esperienza dei singoli, ma proprio perché, software alla mano, nessuno ha bisogno di saper fare altro che usare un computer. Sono quindi tutti farabutti?

La luce è tecnica, certo, ma è anche filosofa, biologia, emozioni, poesia, qualità di vita, e lei può sicuramente aggiungere altre cose, ma se tutto è definito da “norme”, allora basta un programma gratuito scaricabile da internet.

Io leggo normalmente le riviste che trattano la “Luce”, sia italiane che estere, mi dica lei, da qualche anno a questa parte, oltre agli “speciali Led” e a progetti tutti uguali se riesce a trovare qualcosa di veramente interessante e creativo!

Con la parola d’ordine che ora è diventata “risparmio energetico”, si fanno impianti che definire orribili è poco, ma si risparmio energia.

Tanti anni fa ero il responsabile commerciale estero di una delle principali aziende produttrici di corpi illuminanti italiane. Un giorno ci chiamarono per una riunione in cui ci presentarono, tronfi come fosse stato il più bel successo della loro storia, la nascita del marchio CE. Appena capito cosa era e come funzionava ho detto al presidente di fare tutto il possibile per fermare quella procedura e bloccare una cosa tanto stupida. Mi hanno dato del “solito guastafeste” e tutto è proceduto, come ben sa, con il nostro blasonato CE. Guardi ora cosa gira nel nostro mercato, mi dica quali prodotti specificate nei vostri progetti e cosa vi montano invece gli elettricisti “perché tanto è uguale”, perché “hanno il marchio CE e costano meno”. Ma con il marchio CE si risparmiano un sacco di soldi in test e certificazioni, non si deve più mandare un prodotto all’IMQ, gli si da una occhiata e si mette un bel CE. Facile. Siamo stati miopi, tutti, compresi i suoi colleghi, compresi quelli che, arrivati prima di lei e me, avevano con fatica creato la cultura illuminotecnica in Italia, le aziende che hanno investito per sviluppare prodotti sempre più innovativi ed efficienti, quelli che partivano per andare ad imparare qualcosa di nuovo a Londra, o a Parigi, o a New York.

Ci siamo tutti persi dietro una visione miope di lavoro più facile e più veloce, di guadagni più rapidi, di “più progetti nello stesso tempo”, aprendo così il fianco a tutta la concorrenza non qualificata, ai pressapochisti, a quelli che sono bravi a vendere fumo.

Viviamo in un mondo in cui la cultura imperante è quella del fast-food, del “tutto pronto subito”, del “più possibile ma senza fatica”, l’esempio è nel suo editoriale, nel perito che vende un progetto illuminotecnico ad 1 euro, dimostrando di fatto che il suo lavoro non vale nulla, nel cliente che non capisce che se qualcosa costa un euro non varrà più di quello.

Io non avrei fatto una risposta tanto dettagliata come ha fatto il suo amico, forse sarei solo andato a trovare il cliente e gli avrei dato un euro dicendo “guardi, il progetto illuminotecnico glielo offro io”, nulla di più, perché tanto, se non lo capiva prima, non avrà capito nulla neppure dopo la risposta del suo amico.

Credo però, per concludere questa disquisizione, che tornare indietro, ad una cultura che non sia solo quella della luce vera e profonda ma quella, più generale, del lavoro fatto con coscienza e del riconoscimento della vera professionalità sarà molto difficile, quasi impossibile.

Metto un” quasi” solo come l’ultimo atto di ottimismo.

Credo di essere stato un pochino lungo, mi scuso per questo e la ringrazio per l’attenzione.

Daniele Traferro