Intervista a Paola Urbano - CLC |
Scritto da Romano Baratta | |
AUTORE CONTEMPORARY LIGHTING CONTEXT 2011 Paola Urbano dal 1987 opera nel campo della progettazione della luce. Laureatasi presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino intraprende il Dottorato di Ricerca presso l’Istituto Elettrotecnico Nazionale “G.Ferraris” di Torino, approfondendo gli studi sull’illuminazione, la conservazione e la percezione delle opere d’arte. Dal 1993 è docente di “Lighting Design” presso Istituto Europeo di Design (IED) di Torino, nella cui sede è stata responsabile del Dipartimento di Interior Design dal 1996 al 2001. A partire dal 2003 è, invece, docente di “Light Design” all’interno del corso di specializzazione presso la Bilgi University di Istanbul.
Diversi lavori di progettazione sono stati pubblicati su riviste nazionali ed internazionali. Oltre alla progettazione illuminotecnica per interni ed esterni che svolge regolarmente dal 1992 come libero professionista, la sua attività professionale è completata dalla progettazione di apparecchi d’illuminazione e dalla consulenza sul prodotto per aziende produttive del settore. All’esperienza progettuale nel campo della luce, si affiancano numerosi interventi come relatore a convegni e master sul tema dell’illuminazione sia in Italia che all’estero, oltre a coordinamenti scientifici e docenze svolte presso gli Ordini professionali di Torino, Cuneo e Bologna. Dal 1995 contribuisce con redazionali per riviste di settore. E’ socio ed è tra i membri fondatori dell’APIL, Associazione Professionisti dell’Illuminazione, nel cui consiglio direttivo è stata presente fino al 2008. Attualmente è consigliere Regionale AIDI del Piemonte.
Ciao Paola. Quando ha avuto origine il tuo interesse per la luce? La passione per quello che è poi diventata la mia professione è nata nei primi anni ottanta durante l’università (facoltà di Architettura del Politecnico di Torino). In quegli anni il tema della luce era trattato nell’ambito del corso di Fisica Tecnica con riferimenti puramente fisici oltre che con lo studio delle caratteristiche spettrali delle sorgenti, delle fotometrie degli apparecchi e, a livello progettuale, con meri aspetti di calcolo che allora erano eseguiti puntigliosamente a mano non essendo ancora presenti computer e relativi programmi illuminotecnici. Il desiderio di sviluppare e approfondire le conoscenze fino a quel momento acquisite, mi ha indotto poi a scegliere una tesi di laurea di tipo sperimentale sull’illuminazione, la percezione e la conservazione delle opere d’arte nelle pinacoteche. In quell’occasione ho approfondito tutte le dinamiche che influenzano la nostra percezione sia dal punto di vista fisiologico che psicologico, ho analizzato la struttura dei materiali che compongono le differenti tecniche pittoriche e l’azione della luce ai fini del loro deterioramento fotochimico. Ho misurato e studiato la variazione del comportamento ottico di diverse superfici pittoriche al variare degli angoli d’incidenza della luce, in modo da ottimizzare le condizioni di visione dell’opera. In sintesi, ho poi stilato le mie considerazioni in relazione anche alle modalità di ostensione e di illuminazione delle opere presenti in alcuni musei europei che avevo visitato. Insomma, una tesi che mi aveva appassionato e che mi ha portato in seguito ad intraprendere un dottorato di ricerca presso il Reparto di Fotometria dell’Istituto Elettrotecnico Nazionale “G.Ferraris” di Torino (oggi INRIM) per proseguire gli studi e le misure sperimentali sul tema dell’illuminazione museale. Inoltre, da sempre sono stata affascinata dalle suggestioni che la luce è in grado di creare a livello emozionale e dal suo uso simbolico sia in letteratura, sia nelle arti figurative in genere. L’attività progettuale professionale è poi iniziata nella seconda metà degli anni ottanta in un’epoca dove l’interesse per quest’attività era davvero scarso e non si sentiva l’esigenza di una luce studiata e progettata. La luce era considerata a servizio del compito visivo e poco o nulla per sue potenzialità espressive, per sue valenze linguistiche o come strumento per migliorare la qualità dello spazio costruito. In quegli anni il progetto della luce era trattato nell’ambito della progettazione degli impianti elettrici, gli impiantisti indicavano i punti d‘installazione ed eseguivano qualche verifica di calcolo giusto per garantire i gradienti d’illuminamento necessari per un dato compito visivo. Non è stato facile quindi far capire l’importanza del progetto della luce, inteso nella sua complessità. Ad esempio, molti clienti arrivavano con progetti d’impianti elettrici nei quali i punti luce erano già predisposti o addirittura realizzati in cantiere, quindi le condizioni erano davvero limitative – o impossibili - per eseguire una progettazione della luce corretta e adeguata alle diverse esigenze e alle caratteristiche dell’ambiente. Fortunatamente gli studi accademici sull’illuminazione museale mi hanno permesso sin da subito di entrare in relazione con alcune situazioni dove c’era l’esigenza di una figura professionale specializzata per l’illuminazione delle opere d’arte. Ad esempio, uno dei primi lavori più significativi è stata la progettazione della luce per una mostra dove venivano esposte alcune opere di Leonardo Da Vinci – tra cui il noto autoritratto - e dei disegni di Rembrandt, un contesto con delicati problemi conservativi e dove era necessario offrire la massima resa percettiva delle opere. I primi lavori sono stati quindi inerenti all’illuminazione di esposizioni d’arte, chiese e altri ambiti affini per i quali la progettazione della luce incominciava ad essere valutata come una necessità. E’ così che ho iniziato questa professione. Inoltre, parallelamente ho sempre cercato di diffondere la cultura del progetto della luce, sia in ambito accademico, sia in qualsiasi altra situazione dove ero invitata ad intervenire sul tema della progettazione luce. Questo impegno, condiviso con altri colleghi italiani, ha fatto emergere l’esigenza di creare un’associazione e, nella seconda metà degli anni novanta, abbiamo fondato l’Apil, la prima associazione nazionale dedicata ai progettisti della luce che svolgono quest’attività come liberi professionisti. Qual'è il tuo approccio alla luce? In che direzione si sviluppa la tua ricerca? Cerco sempre di conoscere a fondo quello che devo illuminare in modo da decidere coscientemente cosa evidenziare e cosa celare alla vista con gli effetti luminosi. Lavoro sulle dinamiche percettive e mi piace continuare ad esplorare le suggestioni e gli effetti visivi generati dall’interazione luce-materia. Uso la luce come mezzo espressivo con l’intento di far leggere e apprezzare lo spazio, non amo gli effetti luminosi eccessivamente aggressivi, eccetto che si tratti d’installazioni temporanee, in quanto sono convinta che un ambiente o un edificio di notte debba essere riconosciuto e valorizzato con i suoi connotati e non debba essere percettivamente stravolto con l’illuminazione artificiale o violentato con eccessivi contrasti di luminanza. Quando affronto un tema progettuale, tutti gli effetti luminosi non sono mai lasciati al caso ma sono studiati secondo una coerenza estetica e stilistica dello spazio, ognuno di essi deve avere un motivo, deve essere calibrato e tenuto sotto controllo già in fase progettuale. Ogni progetto è sviluppato attraverso effetti luminosi che sono ideati e definiti in fase di concept considerando le potenzialità espressive e linguistiche della luce, immaginando nel frattempo, quale impatto percettivo ed emotivo genereranno sull’utente finale in quella specifica situazione. Tali effetti sono poi esplicitati in fase progettuale attraverso un attento controllo di tutti i parametri fisico-tecnici, oltre che attraverso la definizione di soluzioni tecnologiche che devono rispettare gli obiettivi di progetto stilati secondo le esigenze di quel dato ambiente o edificio. Personalmente, ogni volta che inizio un lavoro è sempre una nuova avventura, è davvero raro che riesca a riproporre soluzioni già utilizzate e mi piace sviscerare a fondo ogni aspetto del progetto. Sicuramente l’esperienza di questi venticinque anni di professione mi aiuta, ma essendo ogni ambiente caratterizzato da peculiarità formali, stilistiche, cromatiche ed estetiche uniche, mi piace molto sperimentare nuove soluzioni. Tutte le scelte progettuali – anche se formalmente differenti - hanno tuttavia sempre in comune l’obiettivo di integrarsi e armonizzarsi il più possibile con l’ambiente, con l’architettura e, soprattutto, di rendere i piacevoli ed accoglienti i luoghi in modo da far star bene le persone. |